sabato 12 aprile 2008

New Zealand: La giungla, i ghiacciai e le dune

Passata Queenstown comincia una strada surreale.
Una lunga striscia d’asfalto che serpeggia tra montagne a perdita d’occhio, il tutto coperto di giungla pluviale.
Il tempo da lupi, oltre che rallentare considerevolmente la marcia, crea un’atmosfera incredibilmente suggestiva.
Arrivati nuovamente al mare, proseguimmo verso nord alla volta dei Ghiacciai Fox e Franz Josef.

Due giganteschi ghiacciai vecchi di migliaia di anni, la cui posizione rimane ai miei occhi inspiegabile.
Due ghiacciai, immersi nella foresta pluviale, a 5 kilometri dalla spiaggia.

Nonostante li abbia visti, ancora stento a crederci.

Tutta la strada che corre lungo la costa ovest è assolutamente incredibile.
Correre nella giungla, tra le montagne e il mare.

Una di quelle cose che non pensi possibile.
Che se qualcuno ti dice, gli dai una pacca sulla spalla e gli consigli un po’ di riposo.
Ma quando ci corri in mezzo capisci che, prima, hai riposato anche troppo.

Lungo questa strada, poi, si incontrano altre bizzarrie come le Pancake Rocks.
Scogliere a strati regolari che ricordano davvero degli enormi pancakes.

Ovviamente, un altro rompicapo per i geologi.

Come a sud, anche a nord la strada sulla costa si interrompe e bisogna tornare nell’entroterra.
E così, fermandosi mezza giornata lungo la via, a godere delle sorgenti termali di Hamner, riattraversiamo l’isola e torniamo sulla costa est.
A Keikura facciamo il nostro primo serio incontro con le foche.
Le foche nell’isola del sud sono cosa comune, e ci era già capitato di incontrarne, ma non così tante, sulla spiaggia della città.

Ripartiamo per il nord e, arrivati in cima, riprendiamo la via per la costa ovest.
Gli incontri con le foche, lungo la strada, abbondano.

Incappiamo anche in un luogo molto particolare.
La sorgente d’acqua più pura del pianeta.

E poi si va su ancora, cenando a pasta con vongole pescate sulla spiaggia e addormentandosi con le onde del mare, proseguiamo verso nord ovest.

Giungiamo infine al Farewell Spit.
Una lingua di sabbia “sputata” dalla terra che si estende per più di 25 kilometri.

Pensate a una grande isola che, per salutarvi dopo la vostra permanenza, vi lancia un gigantesco “sputo” di sabbia.
Una visione decisamente originale.

Tutta la punta nord ovest dell’isola è sabbiosa.
Seguendo il consiglio di una coppia di signori tedeschi imbocchiamo una strada sterrata che porta ad una fattoria.
Da qui si prosegue a piedi attraverso le colline tra mucche e pecore e infine si giunge a Cape Farewell, la meta.
Una distesa di dune che finiscono nel mare.

Al momento del nostro arrivo oltre a noi c’erano solo foche e gabbiani.

Un altro capolavoro della natura che appartiene a questa terra.

Prima di riuscire ad accorgercene, è tempo di rimettersi in marcia alla volta di Picton.
Riattraversiamo tutto il nord e arriviamo con largo anticipo in questo ridente paesello la cui unica ragione di esistenza e il molo dei traghetti per l’isola del nord.

Il nostro traghetto parte la sera e purtroppo perdiamo in parte lo spettacolo di Marlborough Sound, il gigantesco fiordo su cui sorge Picton.
La luna però ci ricompensa ugualmente con uno spettacolo altrettanto magico.

Farewell South Island.

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