giovedì 22 novembre 2007

Adelaide to Tasmania

Finalmente Adelaide.
Il deserto mi ha fatto sudare questo momento per 10 lunghi giorni.
Finalmente posso riabbracciare Viviana.
Quel qualcosa, che quando ci pensi sorridi sempre sornione, è ora di fronte a me.
E sono felice, come non lo ero da tanto.

Adelaide mi riserva anche un altro incontro che non facevo da tempo.
Il traffico.

Qui un giorno, mentre mangiavamo qualcosa in un centro commerciale, conosciamo Said e Cesarina. Una coppia di romani che due anni fa, dopo essere venuti a trovare la figlia che era qui col Working Holiday, si sono innamorati dell'Australia, hanno venduto tutto e hanno aperto una tavola calda ad Adelaide.

Siamo diventati subito amici e l'indomani eravamo a cena a casa loro, in compagnia di Cinzia, Roberta e Mel.
La cena era a base di bucatini alla amatriciana VERI (pancetta, non bacon; pecorino, non parmesan) e grigliata di carne.
E in conclusione amaro montengro e caffè corretto grappa.
Sapori che non gustavo ormai da 10 mesi.
Cena e persone davvero squisiti.

Tre giorni son passati come il vento.
Ed è già ora di ripartire.
Devo di nuovo separarmi da Viviana, questa volta per 3 settimane.
Io vado in Tasmania e lei in Western Australia.
Inconvenienti di una storia che nasce in viaggio.

Riparto con un po' di tristezza, tanti progetti e un grande sogno.

Lasciata Adelaide ci muoviamo alla volta della Great Ocean Road.
E poco dopo incappiamo in un lago viola.
E non è un gioco di riflessi.

Leggendo sulla guida scopriamo l'esistenza di un lago vulcanico, proprio sulla nostra strada.
Il lago nei giorni di sole diventa blu zaffiro.
Ovviamente il sole non c'era...
Ma lo spettacolo è comunque degno di una sosta.

Come smpre per dormire ci fermiamo a una piazzola di sosta.
La mattina però, mentre facciamo colazione, scopriamo di avere un ospite.

Ripartiamo, raggiungiamo la costa e finalmente comincia la Great Ocean Road.
Questa è la strada più famosa d'Ausralia.
Dove solo continuare a guidare è un piacere.
300 kilometri e tre paesaggi differenti.

Le scogliere.

Con la magnificenza dei dodici apostoli

La foresta, piena di koala.

E infine la strada che corre nel mezzo, dove foresta e mare si sposano.

E nel mezzo, le piazzole di sosta, sono spiagge.

Quando questa strada finisce si ritorna alla civiltà.
Ed ecco che diventa un'autostrada che corre dritta fino a Melbourne.
Dopo 7 mesi rieccomi qui.
La sensazione è strana.
Come se fossi stato via per un week end.
Ma prima ancora che mi possa rendere conto delle mie sensazioni sono già a Port Melbourne.
E Lei, è li che ci aspetta.
La nave che songnavo di prendere da quando arrivai qui e lessi le avventure di Riccardo.
Questa volta tocca a me.

Sailing...

domenica 4 novembre 2007

South Australia border to Adelaide

Il deserto è proprio vasto.
Entrati in South australia il deserto diventa biancastro e roccioso.
Sembra impossibile pensare che uomini e animali possano sopravvivere in un ambiente del genere.

Esattamente nel mezzo di questa distesa c'è una cittadina.
Si chiama Coobet Pedy.
Quel che avevamo letto era che questa cittadina nacque per lo sfruttamento delle miniere di opale, che aveva la caratteristica di avere molte case sotto terra per ripararsi dalle temperature estreme e che è stata il set del film "Mad Max 3"

La sorte ha voluto che rimanessimo qui bloccati per 3 giorni.
Abbiamo scoperto che questo luogo è ai confini della realtà.

L'alternatore di Forrest ha pensato bene di abbandonarci a 30 km dalla città.
Fortunatamente la doppia batteria ci ha consentito di raggiungere il meccanico.
Perchè il pezzo arrivi ci vogliono due o tre giorni.
Il meccanico ci manda a stare nel parcheggio di un negozio di usato gestito da un suo amico e ci trova un lavoretto per il giorno dopo.
La cittadina è assurda e le strade quasi tutte sterrate.

Raggiungiamo il posto e ci presentiamo al proprietario, Elbow, che ci offre sistemazione, acqua e bagno fintanto che ne avremo bisogno. Ovviamente free.
Nella sfiga ci è andata di lusso

La prima sera il tempo ha fatto le bizze.
Un tramonto incredibile in principio.

Poi tornadi, tempeste di sabbia e tempesta di fulmini.
Un fenomeno spettacolare che accade una volta l’anno.
Tutto per darci il benvenuto.

Elbow è un ultrasettantenne che vive qui da più di trent’anni.
La seconda sera ci offre un caffè e iniziamo a chiacchierare.
Ci racconta un po’ di storie su ciò che è, e soprattutto ciò che era, Coober Pedy.

Storie degli ultimi 30 anni di questa città.
Lui li chiama “i vecchi tempi”, quando qui sparivano una media di 20 minatori a settimana, tutti sepolti nelle miniere.
Storie…
Di persone pronte a fare una strage per un accendino a cui erano affezionate.
Di omicidi a cui la gente reagiva semplicemente non chiedendo.
Del libero commercio delle bombe, vendute al supermercato.
Di storie false per crearsi una nuova vita.
Di chi dopo dieci anni di amicizia scopri essere uno dei maggiori ricercati d’Australia.
Di chi ha fatto fortuna e di chi ha perso tutto.
Di quando il governo dava la scorta ai muratori che andavano a lavorare li.
Di credenze, spiriti dei morti e miniere maledette.
Di persone che hanno fatto saltare in aria il municipio dopo un tentativo di controllo dell’evasione fiscale.
Di chi ha fatto saltare in aria la stazione di polizia per una multa ritenuta ingiusta.
E tanto altro…

Tre giorni qui ti fanno conoscere una realtà alternativa
Un mondo davvero selvaggio che, per quanto ormai forzatamente civilizzato, ancora porta i segni di anni e anni di sangue.
E quando è il momento di ripartire quasi ti dispiace.

Ci rimettiamo in marcia.
Dopo Coober Pedy non c’è nulla per 300 kilometri.
È l’area proibita di Woomera.
Qui sono state fatte esplodere diverse testate nucleari.
È consigliato di fermarcisi il meno possibile ed è assolutamente proibito lasciare la Highway.
Fino al primo luogo abitato appena dopo il confine dell’area proibita.
Che ti accoglie così.

Quando poi la strada costeggia quest’area si arriva a Lake Hart.
Un lago salato.
Una di quelle cose che ho sempre sognato di vedere.
E l’attesa di anni è valsa la pena.

Se non fosse per dei bizzarri cartelli che, non sapendo bene come interpretare, abbiamo semplicemente ignorato.

Altre centinaia di kilometri di piana desertica a perdita d’occhio.
E si arriva a Port Augusta.
Il mare di nuovo.

Quanto mi è mancato.

Percorriamo le ultime interminabili centinaia di kilometri, attraverso una zona che mi ricorda incredibilmente le campagne pugliesi.
E finalmente arriviamo ad Adelaide.

Ho atteso questo momento da quando ho lasciato Darwin.
Perché?
Ricordate quella cosa che quando ci pensi sorridi sempre sornione?

venerdì 2 novembre 2007

Darwin to South Australia border

Il viaggio comincia.
Si ripassa da Katherine dove Luca si prende il suo Didjeridoo e facciamo incetta di dipinti aborigeni.
E si riparte al volo.

Mataranka è la prima sosta.
Mattinata alle caldissime sorgenti termali immerse nella vegetazione, sede di una colonia di pipistrelli giganti.
Tanti pipistrelli tutti assieme li avevo visti solo nei film.

Lasciata Mataranka il paesaggio comincia a farsi desertico.
Maciniamo kilometri finchè non giungiamo ai Devil Marbles.
Monoliti di roccia rossa dagli equilibri ai limiti della fisica.
Sembra davvero una costruzione fatta da qualche entità paranormale.

Pit-stop per cibo e carburante ad Alice Springs e via di nuovo alla volta di Uluru e Kings Canyon.
Sulla mappa è segnata una scorciatoia sterrata ma praticabile.
E su quella strada si passa da un complesso di crateri di meteoriti.
Perché no?
Le ultime parole famose…

Ci avviamo su questa strada che taglia il deserto e dopo poco giungiamo ai crateri.
Lo spettacolo non è male.
Ma è niente in confronto a ciò che c’è attorno.

Qui incontriamo due ranger e gli chiediamo se, con la nostra macchina, il resto della strada fosse fattibile.
La risposta è “no worries, just take it easy”
Mortacci dei ranger!

La strada è un misto di corrugation e sabbia.

Ci siamo insabbiati, abbiamo sbandato in continuazione, abbiam rischiato di ribaltarci, di spaccare la coppa dell’olio e le sospensioni e ci si è diviso in due il parabrezza.
Dopo esserci fatti trainare fuori da una duna da un passante in fuoristrada, abbiamo chiesto al gentile australiano se ci fosse ancora molta pista di sabbia.
La risposta è stata: “no warries, not too much”
Arimortacci dell’australiano!

Mancavano 30km, 28 erano pista di sabbia.

Distrutti dopo 100 km attraverso il deserto, torniamo infine sull’asfalto.

E si va a Kings Canyon.

Ripartiamo alla volta di Uluru e le Olgas.

Lungo la strada ci accampiamo in una piazzola in mezzo al deserto.
Noi, Forrest e il tramonto dalla cima di una duna.

Ripartiamo la mattina seguente e ci accorgiamo che Forrest ha un po’ accusato la strada e il motore scoppietta come una pentola di latta piena di popcorn.
Necessita un controllino.

Arriviamo a Yulara, il centro abitato nato per ospitare i turisti diretti a Uluru.
Ovviamente è domenica, e il meccanico è chiuso.
Decidiamo quindi di andare alle Olgas e poi a Uluru.
Luca si nasconde dietro e dimezziamo il prezzo dell’ingresso.

Andiamo alle Olgas e già dalla strada si presentano in tutta la loro suggestività.

Il caldo è notevole.
Siamo sopra i 40 gradi.
E sul sentiero troviamo questo cartello.


Ripartiamo e finalmente il grande momento arriva.
Il nostro appuntamento con Uluru.
Quando ci si trova davanti a questi luoghi si capisce perché siano sacri per gli aborigeni.
E perché alcuni dicono che son solo rocce, ed altri che sono un luogo magico.
Il loro aspetto lo si vede con gli occhi.
Cosa sono lo si percepisce con lo spirito.
Il pulsare dell’energia della terra non è una cosa che puoi descrivere o spiegare.
Lo puoi solo sentire.
Il tramonto arriva.

Il momento rasenta la perfezione e ci mettiamo a suonare il didjeridoo.
Quando ci rendiamo conto della gente che ci fotografa.
E sentirsi dire “grazie, avete reso questo momento davvero perfetto” fa un certo effetto.

La notte cala e “rincasiamo”.
La mattina seguente torniamo a Uluru a goderci l’alba.

E si va dal meccanico.
Ci dice che ci vorrà qualche ora e che quindi ci riporta a Yulara.
Son state le ore più lunghe di questo viaggio.
Senza macchina, senza libri, senza niente in un posto con niente, nel mezzo del niente.
Abbiamo girato tutti gli shop, tutti e 7, compreso l’ufficio postale.
L’unico diversivo son state due texane, minorenni, affamate, che ci hanno abbordato e fatto un book fotografico.

Finalmente Forrest è pronto e, fortunatamente, con una spesa minima.
Ripartiamo attraverso il deserto e arriviamo al confine col South Australia.

Da qui in poi il deserto cambia.
E lo attraverseremo tutto.