Arriviamo sulla pista e il nostro aereo è un vecchio e sano turboelica; praticamente un pulman con le ali.
Problema n2: in atterraggio eravamo a 20 metri dalla testa dei contadini e non si vedeva ancora la pista.
Problema n3: la pista compare ma non si vede l’aeroporto.
L’aereo atterra, fa inversione e si parcheggia a lisca di pesce a bordo pista (i contadini accanto continuano tranquilli il loro lavoro).
Un’hostess dice: chi si ferma a Sukothai è pregato di scendere, gli altri rimangano a bordo (è davvero un pulman con le ali).
Uno di questi cosi viene a prenderci e ci porta all’”aeroporto”.
L’angolo del ritiro bagagli ci lascia visibilmente perplessi.
Quella che ci si para davanti è la Tailandia rurale. Diversa da quella che vediamo nei film sull’antico oriente solo per le macchine, i motorini e i televisori nelle case di legno e bambù.
Un simpatico ragazzo che parla italiano ci fa da guida.
Si presenta come Nicola ma intuiamo che sia una semplificazione per italiani burini del suo nome (Ni Kong).
Comincia il tour.
È tutto bellissimo: templi in rovina immersi nel verde,
In merito vorrei sfatare un mito: il thai massage vero non è quello erotico, bensì è un misto di massaggi rilassanti, frizioni e manovre da chiropratico simili a prese di wrestling.
Devo dire che i due giorni passati in questa zona son stati splendidi.
Domattina si riparte alla volta di Chiang Mai; cittadina tra giungla e montagne.
E ci si andrà col pulman alato di cui sopra.
Mi sento molto Stella Solitaria…
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