venerdì 8 dicembre 2006

Sukotai (in differita da Chiang Mai)

Ripartendo da dove avevo lasciato.
Arriviamo sulla pista e il nostro aereo è un vecchio e sano turboelica; praticamente un pulman con le ali.

Problema n1: lo spazio tra il mio schienale e quello davanti è minore di quello tra la il mio ginocchio e la mia schiena.
Problema n2: in atterraggio eravamo a 20 metri dalla testa dei contadini e non si vedeva ancora la pista.
Problema n3: la pista compare ma non si vede l’aeroporto.
L’aereo atterra, fa inversione e si parcheggia a lisca di pesce a bordo pista (i contadini accanto continuano tranquilli il loro lavoro).
Un’hostess dice: chi si ferma a Sukothai è pregato di scendere, gli altri rimangano a bordo (è davvero un pulman con le ali).
Uno di questi cosi viene a prenderci e ci porta all’”aeroporto”.

Un insieme microscopico di pagode senza muri tutto in legno.
L’angolo del ritiro bagagli ci lascia visibilmente perplessi.

Siamo davvero al confine tra campagne coltivate e giungla.
Quella che ci si para davanti è la Tailandia rurale. Diversa da quella che vediamo nei film sull’antico oriente solo per le macchine, i motorini e i televisori nelle case di legno e bambù.
Un simpatico ragazzo che parla italiano ci fa da guida.
Si presenta come Nicola ma intuiamo che sia una semplificazione per italiani burini del suo nome (Ni Kong).
Comincia il tour.
È tutto bellissimo: templi in rovina immersi nel verde,

stagni pieni di fiori di loto,

camminare su un ponte sospeso con un motorino che ti sfreccia di fianco,

la vita di campagna, la piccantissima cucina locale mangiata in mezzo agli alberi e infine farsi massaggiare da una tailandese di 40kg con la forza di Muahmed Ali.
In merito vorrei sfatare un mito: il thai massage vero non è quello erotico, bensì è un misto di massaggi rilassanti, frizioni e manovre da chiropratico simili a prese di wrestling.
Devo dire che i due giorni passati in questa zona son stati splendidi.
Domattina si riparte alla volta di Chiang Mai; cittadina tra giungla e montagne.
E ci si andrà col pulman alato di cui sopra.
Mi sento molto Stella Solitaria…

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